Il web non è morto

di Daniele Bochicchio, in Sviluppo web,

E' indubbio che questo articolo di Wired sia provocatorio. Oppure è stato scritto da qualcuno che non capisce benissimo dove si trova. A voi la scelta :)

Certamente, però, contiene qualche spunto interessante, anche se magari non sono condivisibili tutte le conclusioni.

Iniziamo dal principio: la tesi è che ci stiamo spostando da un uso del web attivo (cioè, apriamo il browser e navighiamo) ad un uso passivo (cioè, lo usiamo come piattaforma per scambiare facilmente informazioni, sfruttando servizi che alimentano app).

L'ascesa delle app?

Per chi negli ultimi 5 anni ha spostato temporaneamente la residenza sotto ad un sasso su Marte, app è il termine cool (ifigo, direi) di appellare applicazioni create per una piattaforma e che interagiscono pesantemente con l'ecosistema, cioè con Internet. Le app sono il motivo del successo di iPhone (quanto meno, quello più serio, secondo me): anzichè farti navigare in uno sfigato sito web, ti mostro le stesse info in maniera ricca, con vantaggi per te utente in termini di usabilità, perchè ti penso l'app per la piattaforma su cui gira. In tutto questo, ovviamente, una parte importantissima l'ha assunta la disponibilità (ed il proliferare) di API per qualsiasi servizio esista al mondo. Le API hanno consentito di farsi dare dati che prima erano già formattati in HTML e ripresentarli a proprio piacimento. Il risultato può essere quello che un'app è fatta 100 volte meglio della corrispondente versione HTML. Quanto costi fare queste app, però, nessuno lo dice: tanto :)

Il web è appena nato

Quello che va contestato assolutamente a questo articolo è il concetto per cui siamo arrivati al momento in cui il web inizierà la sua parabola discendente. In realtà, il web è ancora un'accozzaglia di robe immature, aspre e per gente che ama farsi del male. Oggi, anno 2010, siamo in grado di inventare un tessuto che grazie alle nanotecnologie evita che un liquido possa macchiare, ma non siamo stati capaci di inventarci 4 standard per il web e farli rispettare ai produttori. La mia stima verso l'istituzione W3c, in tal senso, è diminuita con l'aumentare dei miei anni. Ma questo è un altro discorso

Il punto cruciale, in questa diatriba, è che il web non è ancora nemmeno sbocciato. Forse, sottolineo forse, inizieremo a poter parlare di web quando avremo standard certi, come HTML 5 e CSS 3, e tutti i browser li implementeranno nella maniera degna: fino ad allora, è ovvio che il concetto di app per una persona che non è assolutamente nella media (perchè può permettersi il lusso di comprare un lettore di e-mail a 600 euro) resta infinitamente più affascinante.

L'indice di iFigosità

Un articolo così, incentrato sulle app, per certi versi è anche una dimostrazione del proprio indice di iFigosità: guarda, ho un iPad, ho un iPhone, ho un iChisàCheCosa ed uso le app. La verità è che, nel mondo reale, la maggioranza usa il web perchè, più o meno, siamo abituati ad interagire, dal punto di vista dell'usabilità, con una pagina web. Se dessi in mano ad un utente normale un'app, probabilmente per i primi 3 giorni non riuscirebbe a capire cosa fare, come farlo e perchè farlo così. Fa parte di quelle convenzioni sociali, se vogliamo, difficili da cambiare dall'oggi al domani. E, nel mondo reale, ci sono ancora computer con 128 MB di ram, Windows XP e IE 6. E non perchè sia gente che ama farsi del male (beh, un po' sì ;)), ma perchè probabilmente non può permettersi l'attuale trend di crescita tecnologico, che vuole che ogni 3 mesi tu cambi computer, smartphone, stampante e TV LCD.

Il futuro che verrà

Piuttosto io spero, invece, che siccome sempre più device iniziano ad essere passivi, per via delle loro caratteristiche (navigare da una sveglia non deve essere un'esperienza esaltante...), iniziamo a pensare seriamente ad una serie di standard anche per i widget, per le API e per i protocolli di trasporto, perchè questi device dovranno avere qualcosa in comune: altrimenti non è il web che morirà, ma noi poveri lavoratori del settore e non ci sarà mai una vera diffusione del digitale.

In conclusione, trovo davvero esilarante (ed indice degli iParaocchi dell'autore) la tabella a pagina 3: se quello che ci attende in futuro anzichè Javascript (che pure non mi fa impazzire) è Objective-C, allora io comincio subito a cambiare mestiere :)

E lo dico da possessore (mediamente soddisfatto) di un iPhone :)

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